In memoriam Pedro Morales Cuenca.


En la localidad conquense de Torrejoncillo del Rey, fue descubierta en el año 1955, por D. Pedro Morales, una cavidad revelada en sueños, como un lugar donde encontraría un singular tesoro escondido en un palacio de cristal.

Tres meses de intensos trabajos dieron como resultado el hallazgo de una cavidad subterránea que resultó ser una mina romana de lapis specularis, de la que no quedaba ni el recuerdo.

En la actualidad, gracias a la intervención de la asociación arqueológica: Cien mil pasos alrededor de Segóbriga y la diputación provincial de Cuenca, se ha convertido en lugar de obligada visita tanto por su interés histórico como cultural.

Si deseas saber más sobre esta historia, accede mediante este link

https://moraencantada.blogspot.com/2011/04/historia-de-un-sueno.html


lunes, 14 de octubre de 2013

1er CONGRESO DEL LAPIS SPECULARIS

El 26 y 27 de Septiembre del 2.013 tuvo lugar la celebración del 1er Congreso del Lapis Specularis en la localidad de Bolonia-Italia,donde estuvieron nuestros compañeros y Directores del proyecto :Maria José Bernárdez y Juan Carlos Guisado Di Monti.
Ya de vuelta nos presentan el programa que se desarrolló  y un documento donde se resumen las intervenciones.


En la foto de derecha a izquierda;la arqueóloga:Chiara Guarnieri y el director del parque de yesos Romaña: Massimiliano Costa,junto con los directores del proyecto "100.000 pasos alrededor de Segóbriga":Mª José Bernárdez y Juan Carlos Guisado Di Monti.





Il vetro di pietra. Il lapis specularis nel mondo romano dall’estrazione all’uso
Faenza, Museo D. Malmerendi, via Medaglie d’Oro 51
26 – 27 settembre 2013



Giovedì 26 settembre 2013, ore 9

Il lapis specularis nel mondo romano: dall'estrazione all'uso. Le ragioni di un convegno
(Chiara Guarnieri)

L'intervento intende presentare al pubblico le motivazioni che hanno spinto la Soprintendenza Archeologica dell'Emilia Romagna e l'Ente Parco Vena del Gesso Romagnola a realizzare un Convegno, il primo in Italia di questo tipo, ed una mostra dedicati al tema del lapis specularis.
Prendendo spunto dal percorso di conoscenza che ha portato all'identificazione della Grotta della Lucerna come prima cava di lapis specularis in Italia, si presenteranno sinteticamente le svariate problematiche legate a questo materiale, che saranno in seguito analizzate dai singoli relatori.
Tutto il progetto di ricerca, che si basa su di una stretta collaborazione con il gruppo di lavoro spagnolo, ha un carattere interdisciplinare che tocca anche gli ambiti speleologici e scientifico-naturalistici.

Parole chiave: lapis specularis, collaborazione, ricerca



Las Explotaciones mineras romanas de lapis specularis en la Hispania Citerior y su contexto arqueológico en el Imperio romano
(María José Bernárdez Gómez, Margarita Díaz Molina, Juan Carlos Guisado di Monti)

La incorporación de los territorios hispanos a la órbita de Roma, supuso en líneas generales la adaptación paulatina por fuerza o grado de las comunidades hispanas a los nuevos ámbitos de dominio romano, junto a la intensificación en la producción y obtención de bienes y recursos como territorio sujeto a explotación. Tras la etapa republicana, las reformas promulgadas por Augusto implicaron una reordenación organizativa de las provincias de Hispania con objeto de reorientar el control y la gestión de las mismas en la nueva estructura del Imperio.
De las riquezas y recursos existentes en las tierras hispanas destacan especialmente por su importancia las explotaciones mineras, en las que metales y minerales de todo tipo se extraían con profusión. En la Hispania Citerior, un mineral lapídeo conocido en la época como lapis specularis, fue beneficiado en amplias áreas de dos grandes zonas de explotación situadas en las actuales regiones de Castilla-La Mancha y Andalucía. Aunque en el Imperio existieron otros enclaves donde se extraían iguales o parecidos recursos pétreos, Hispania fue el distrito minero más dinámico tanto en su producción como en la calidad y trasparencia del cristal de yeso obtenido en sus minas.

Parole chiave: Lapis specularis - Castilla-La Mancha - Andalucía - Hispania Citerior - Complejo Minero.


Aspetti giuridici e legislativi della gestione delle cave in età romana
(Gabriella Poma)

Non è possibile presentare un quadro generale dell’organizzazione dell’industria mineraria in età romana, del regime di proprietà, dell’amministrazione e delle condizioni di lavoro, né come esse siano mutate nel tempo inevitabilmente come conseguenza dello sviluppo storico e culturale, a causa della frammentarietà delle fonti (letterarie, epigrafiche, archeologiche) che ci sono pervenute.
Nell’età repubblicana, le cave, i cui prodotti fossero di particolare qualità, erano di proprietà statale e erano appaltate per cinque anni dai censori, attraverso la lex censoria; tutte le altre erano in mano private o delle singole municipalità. In linea generale maggiori informazioni sono disponibili per la gestione delle cave che si trovavano nei territori acquisiti da Roma durante gli ultimi secoli della repubblica e il periodo imperiale. Fondamentalmente Roma ereditò dai regimi precedenti (il regno Tolemaico, i regni di Macedonia, Pergamo etc.) i diritti di sfruttamento delle miniere e tenne per sé i siti più importanti, lasciando cave  di minor valore ai privati o alle città. Il fenomeno nuovo che si evidenzia a partire dal I secolo d.C. è rappresentato dal progressivo passaggio al patrimonio personale degli imperatori delle cave più ricche, attraverso lasciti, confische, acquisizioni. Per l’amministrazione e lo sfruttamento delle cave fu creato a Roma una statio marmorum, diretta da un procurator dipendente dall’amministratore del patrimonium imperiale. Almeno dall’età domizianea in poi, le cave più importanti nelle diverse province erano gestite da vari procuratores che forse erano responsabili di un distretto minerario. Questi procuratori, equites romani o liberti imperiali, avevano alle loro dipendenze altri funzionari - quasi tutti schiavi o liberti imperiali - con compiti tecnici, amministrativi, di sorveglianza sulla manodopera sempre servile. La documentazione epigrafica ci dà un quadro abbastanza completo della gestione delle cave di marmo di Luni e dei mutamenti intervenuti nel tempo col passaggio della proprietà dalla colonia al patrimonio dell’imperatore. Non ci è nota, allo stato attuale della nostra documentazione, né una legge generale sulle cave né una generale autorizzazione allo sfruttamento. La giurisprudenza romana si occupa solo di conflitti che potevano intervenire tra privati sulla proprietà e sullo sfruttamento, non si interessa di cave di proprietà pubblica né ci dà indicazioni sull’amministrazione. I provvedimenti legislativi e amministrativi ci sono noti  per l’età repubblicana attraverso cenni degli storici a leggi censorie o a deliberati del senato; per la tarda età imperiale abbiamo alcune costituzioni imperiali del IV e V secolo che ci informano su alcuni aspetti fiscali riguardo alle cave di marmo in alcune province. L’unico testo di legge che ci è pervenuto è rappresentato dalle tavole di bronzo di Vipasca, in Portogallo, ma ancora si discute se esse contengano una legge valida per tutto l’impero o, come è probabile, ci conservino un regolamento relativo alla concessione di scavo in quel distretto. 

Parole chiave: Cave - legislazione - diritti minerari - amministrazione - procuratores


Quod vitri more transluceat. Il lapis specularis nella testimonianza delle fonti
(claudia Tempesta)

Le fonti scritte forniscono molte informazioni sull’estrazione, la circolazione e l’utilizzo del lapis specularis nell’antichità, integrando i dati provenienti dalla ricerca archeologica.
La maggior parte dei documenti si colloca tra il I e l’inizio del II secolo d.C., epoca in cui il lapis iniziò ad essere impiegato su larga scala per la realizzazione di pannelli da finestra. Le informazioni principali circa le caratteristiche del materiale e i suoi luoghi di estrazione si ricavano da Plinio il Vecchio e, più tardi, da Isidoro di Siviglia; di notevole interesse sono tuttavia anche i passi di Filone, Seneca, Columella, Petronio, Marziale, Giovenale, Plinio il Giovane, Ulpiano che accennano ai diversi impieghi del lapis specularis. La continuità d’uso in epoca tardo-antica è testimoniata da Lattanzio, Girolamo e Basilio di Cesarea e da pochi ma significativi documenti epigrafici, tra cui emerge l’Edictum de pretiis di Diocleziano.

Parole chiave: lapis specularis, fonti letterarie, Plinio il Vecchio, Edictum de pretiis



Métodos de trabajo aplicados al estudio de la minería del lapis specularis desde el ámbito de la espeleología
(María José Bernárdez Gómez, Juan Carlos Guisado di Monti, Alejandro Navares Martín, Fernando Villaverde Mora)

Podemos definir espeleología como la disciplina encargada de abordar el estudio del medio subterráneo, su naturaleza y origen. La aplicación de sus métodos de trabajo son los más apropiados para aproximarse también al entorno de la minería del lapis specularis. Sin embargo, la singular naturaleza de esta realidad nos ha obligado a modificar los procedimientos habituales para adecuarlos a las exigencias que demanda nuestro estudio. La preservación del valor patrimonial deberá determinar nuestras actuaciones, siendo importante la correcta y fluída comunicación entre los ámbitos de la investigación histórica y arqueológica por un lado y la subordinación de las labores espeleológicas y de exploración subterránea por otro.
La catalogación e inventario de las minas representa la primera dificultad, dada la extensión del área de estudio en España. También las singulares características internas de los minados determinan ciertas peculiaridades a la hora de afrontar la exploración y el levantamiento topográfico necesario de las cavidades.

Parole chiave: Lapis specularis -  Prospección – Exploración - Topografía – Métodos de Trabajo.



Las minas romanas de lapis specularis de la Mora Encantada (Torrejoncillo del Rey), Máximo Parrilla (Saceda del Río-Huete) y el Pozolacueva (Torralba) en Cuenca, como activos patrimoniales y turísticos
(María José Bernárdez Gómez, Emilio Guadalajara Guadalajara,
Juan Carlos Guisado di Monti, Alejandro Navares Martín, Fernando Villaverde Mora)


Las intervenciones y el estudio de la minería romana del lapis specularis en la región de Castilla-La Mancha y más concretamente en la provincia de Cuenca en España, ha permitido gracias a la investigación y a los trabajos de distinta índole desarrollados en el conjunto minero, el poder contar con la experiencia de un conocimiento amplio y generalizado de las minas en sus más variados aspectos.
Esta base de aprendizaje ha posibilitado un reconocimiento exhaustivo y la valoración de las minas junto con la de los yacimientos arqueológicos asociados y relacionados que integran el distrito minero. Su catalogación y evaluación posterior, ha facilitado la toma de decisiones y de directrices en lo que respecta tanto a la selección de intervención arqueológica, como en la elección de los minados que pudieran gestionarse dentro de actuaciones de difusión cultural y de rentabilidad turística.
Actualmente, la Diputación Provincial de Cuenca ha puesto en marcha una iniciativa con financiación europea conocida como PLAMIT, donde tres minados romanos de lapis specularis se intervendrán de cara a desarrollar un recurso turístico patrimonial de calidad qué colabore a estructurar y dinamizar la oferta turística de la región.

Parole chiave: Lapis specularis - Mora Encantada - Gestión Turística - Distrito Minero - Diputación de Cuenca.


Ad Speculum: brevi note da una survey alla ricerca di siti e modalità estrattive di lapis specularis nella provincia dell’Africa Proconsolare
(Andrea Benassi)

Nella Historia Naturalis, Plinio, elenca chiaramente i differenti luoghi d’estrazione del lapis specularis, citando dopo Spagna e Italia, la scoperta della stessa anche in Africa. La presenza di ampi depositi di gesso messiniano nei paesi del bacino mediterraneo, nonché la precisione dei dati citati dallo studioso romano ed il confronto con alcuni dati archeologici, hanno portato ad immaginare una ricerca sul terreno, nell’area del bacino minerario di Gafsa, l’antica Capsa romana, nell’attuale Tunisia, già fiorente distretto minerario. La survey di breve durata, ha permesso di teorizzare alcune possibili zone d’estrazione, nonché modalità diverse di coltivazione, sulla base della comparazione etnoarcheologica con le attuali tecniche di ricerca ed estrazione del lapis specularis.

Parole chiave: Africa Proconsularis, Tunisia, tecniche minerarie, etnoarcheologia, lapis specularis


La grotta Inferno presso Cattolica Eraclea (AG). Una miniera di età romana di lapis specularis
(Domenica Gullì)


La grotta Inferno è ubicata nel comune di Cattolica Eraclea (AG), in un areale particolarmente ricco di testimonianze archeologiche che ne documentano una lunga frequentazione,  dalla preistoria al medioevo. La cavità si apre alle pendici settentrionali di una collinetta caratterizzata da affioramenti della serie gessoso solfifera, con ampi ambienti nella parte iniziale che si collegano ad una serie di  stretti passaggi a sviluppo labirintico, molti di chiara matrice antropica, alcuni di più evidente genesi carsica. La cavità è stata identificata ed esplorata da speleologi del gruppo speleologico Kamicos, della Federazione Speleologica siciliana e del CIRS di Ragusa. Nell’ambito di varie ricognizioni è stata rilevata la presenza di gesso trasparente, in grossi nuclei e venature in cui è stato possibile evidenziare chiari interventi  antropici. La presenza del gesso trasparente e di ceramica romana, tra cui una grande anfora punica del tipo Mana C, un grande frammento di anfora Dressell 23 di età medio imperiale, attestano una frequentazione della grotta Inferno in epoca romana probabilmente finalizzata all’attività di estrazione del gesso.  La presenza di un discreto deposito terroso, presente nella parte interna della cavità, offre la possibilità di realizzare saggi di scavo al fine di determinare con più esattezza i limiti cronologici di frequentazione della cavità che senz’altro si pone come particolarmente significativa nell’ambito dello studio dell’estrazione, dell’utilizzo e della circolazione di questo importante materiale da costruzione di età romana.

Parole chiave: Cattolica Eraclea Formzione Gessoso-Solfifera Ceramica romana

La Lucerna di Plinio
(Danilo Demaria)

Partendo dallo studio della disposizione geologica del lapis specularis all’interno dei Gessi, nell’articolo si analizza il rapporto insito fra questa particolare mineralizzazione e le strutture realizzate per la sua estrazione nella Grotta della Lucerna e negli altri analoghi siti di cava. Per la piena comprensione, tanto sotto il profilo più strettamente funzionale di tali strutture quanto per un tentativo di inquadramento storico più generale dell’intero fenomeno estrattivo del lapis specularis nell’area emiliano-romagnola, viene inoltre proposta una lettura comparata delle fonti di età classica e moderna, interpretate proprio alla luce degli aspetti giaciturali della specularite.

Parole chiave: Grotta della Lucerna, specularite, archeologia mineraria



Le miniere di lapis nella Vena del Gesso romagnola: scoperta, esplorazione e rilievo
(Massimo Ercolani, Piero Lucci, Baldo Sansavini)

Alla scoperta di miniere di lapis specularis nella Vena del Gesso ha fatto seguito un lungo lavoro di ripulitura di gran parte degli ambienti tamponati dai residui della lavorazione, il campionamento degli stessi, un rilievo di dettaglio, e l'acquisizione di una dettagliata documentazione fotografica.
Contemporaneamente ai lavori eseguiti all'interno e all'ingresso della Grotta della Lucerna, ad oggi la più grande e articolata miniera di lapis della Vena del Gesso, sono stati attentamente esplorati numerosi anfratti diffusi nella Vena del Gesso.
Ciò ha consentito l'individuazione di altre miniere di lapis di piccole dimensioni nei pressi di Ca' Castellina (Monte Mauro), della cima di Monte Mauro e della bastionata gessosa sovrastante la Valle Cieca del Rio Stella.
Anche in questo caso è stata eseguita una parziale ripulitura degli ambienti e il rilievo.
Parole chiave:  Vena del Gesso romagnola, esplorazioni speleologiche, rilievi topografici, miniere di lapis specularis.


Analisi geochimica e mineralogica di lapis specularis e dei gessi campionati nelle grotte di Lucerna, Pafumi e Inferno
(Roberto Margutti)


In questo primo studio di ricerca vengono presentate le principali caratteristiche chimiche composizionali e mineralogiche di lapis specularis e rocce gessifere incassanti, campionati in cavità carsiche Italiane di potenziale interesse archeologico minerario. Le analisi XRF e XRD sono state svolte dai ricercatori del Gruppo Saint-Gobain, presso il proprio Centre de Recherches et d’Etudes Europeen (C.R.E.E.) sito in Provenza. I risultati ottenuti dai campioni raccolti nelle grotte sono stati interpretati e correlati dai geologi minerari della società Saint-Gobain Gyproc Italia, altresì comparandoli ad altri dati geochimici ottenuti da esplorazioni minerarie condotte in formazioni gessose.
Parole chiave: lapis specularis, gessi, grotte, analisi XRF e XRD, composizione chimica, fasi cristalline

Venerdì 27 settembre 2013, ORE 9

            Indicatori relativi allo sfruttamento della cava della Lucerna: segni estrattivi e materiali archeologici
(Chiara Guarnieri)

L'intervento intende rendere noti i due tipi di indicatori archeologici che hanno permesso di identificare con certezza la grotta della Lucerna come una cava di lapis specularis: i segni estrattivi ed i materiali archeologici.
Per quanto riguarda i segni estrattivi ci si soffermerà sia sulle tracce lasciate dall'estrazione sia sui manufatti, come ad esempio scivoli e gradini, che potevano agevolare il lavoro nella cava e che trovano confronto con situazioni meglio conosciute come quelle spagnole.
I materiali archeologici finora rinvenuti all'interno della cava (si ricorda infatti che le indagini sono tuttora in corso) indicano un excursus cronologico piuttosto ampio che inizia nella piena età imperiale per arrivare sino alla tarda antichità: si tratta in particolare di alcuni esemplari di lucerne, di cui una integra e che ha dato il nome alla cava, frammenti di vasellame di varia natura e di una moneta di Antonino Pio.

Parole chiave: lapis specularis, segni estrattivi, rinvenimenti archeologici


Indagini archeologiche territoriali nell'area del Parco della Vena del Gesso
(Chiara Guarnieri, Susi D'Amato, Monica Miari, Claudio Nagrelli, Maria Teresa Pellicioni, Claudia Tempesta)
L'area della Parco della Vena del Gesso romagnola è stata frequentata sino dall'età preistorica, come testimoniano i rinvenimenti di selci lavorate  e materiale ceramico dall'Oasi di Pietramora a Cà Carnè. In particolare la zona dei Gessi si rivela di interesse vista la presenza di numerosissime grotte utilizzate in età pre-protostorica come luogo di sepoltura o per scopo cultuale (Grotta del Banditi, Tanaccia, Re Tiberio), uso  quest'ultimo proseguito anche in età romana. In seguito queste cavità furono adibite a nuovi utilizzi, come ricovero per uomini ed animali.
Nel 2010, la Soprintendenza per i Beni Archeologici, in accordo con il Parco ha iniziato una serie di ricognizioni di superficie,in atluni casi arricchite da sondaggi e carotaggi manuali, che sono partire nella zona circostante Cà Carnè, dove è stato effettuato il rinvenimento di un edificio di età romana. Le indagini, di una certa difficoltà vista la presenza di vegetazione ed i luoghi impervi, hanno comunque restituito risultati di notevole interesse, permettendo di scoprire un certo numero di attestazioni archeologiche comprese tra L'Eneolitico e l'eta Tardoantica. Sono stati prelevati campioni per lo studio pollinico che permetteranno di ricostruire il paesaggio antico. E' in programma la prosecuzione di tali indagini nelle altre aree del Parco.
Parole chiave: survey, area del Parco della Vena del Gesso, carotaggi, analisi polliniche.

L'edificio di età romana di Cà Carnè
(Chiara Guarnieri, Elisa Brighi, Claudia Tempesta, Maria Teresa Gulinelli)


Nel 2005 alcuni lavori realizzati nell'area di Cà Carnè, all'interno del Parco della Vena del Gesso romagnola, hanno portato alla casuale scoperta di un edificio rustico di età romana. La struttura è stata costruita nel corso del I secolo d.C. e fu abitata per circa un secolo, subendo anche una consistente ristrutturazione che ne ampliò l'estensione. L'edificio ha utilizzato come fondazioni il  banco di gesso e presenta tutta la struttura realizzata con pareti in mattoni di argilla cruda e pali portanti in legno. Il tetto era in tegole e coppi.
La sua insolita posizione, in un'area non votata all'insediamento, ed i numerosi materiali archeologici rinvenuti al suo interno, anche di una certa qualità, permettono di ipotizzarne un utilizzo legato allo sfruttamento delle cave di lapis specularis.

Parole chiave:  insediamento di età romana, edificio in materiali deperibili, reperti archeologici



Trasparenze antiche nelle città vesuviane:
frammenti di lapis specularis da Pompei e da Ercolano
(Vega Ingravallo, Maria Stella Pisapia)

Le città vesuviane, Pompei ed Ercolano, hanno restituito documenti eccezionali e numerosi dell’uso del Lapis Specularis  nelle finestre. Tale peculiarità è stata ricostruita dalla lettura dei diari di scavo dal ‘700 ai primi del ‘900, nei quali sono descritti rinvenimenti di lastrine di mica e di talco e le griglie delle finestre che le contenevano. A Pompei abbiamo esempi certi di finestre con questo tipo di materiale nella Casa di P. Proculo, nelle Terme del Foro, nelle terme della Villa di Diomede.
Ad Ercolano sono state rinvenute lastrine di mica nel vestibolo della Palestra, ed il Romanelli afferma che tutte le finestre della città  erano di mica, circostanza attestata anche dagli scavi Maiuri, nei quali è descritto il telaio di legno della finestra della Casa dell’Alcova, compresa la misura delle lastrine. La Casa dell’Atrio a mosaico invece, conserva intatta la griglia di legno carbonizzato con la quale si chiudeva il lato esterno del corridoio sul giardino, formando una vera e propria veranda.

Parole chiave : finestra - telaio di finestra


Rinvenimenti di manufatti in lapis specularis nelle Province Romane

(Chiara Guarnieri)

I rinvenimenti di lastre da finestra in lapis specularis al di fuori dei contesti di Ercolano e Pompei sono piuttosto rari, non tanto perchè questo materiale non fosse utilizzato quanto per il suo mancato riconoscimento da parte di studiosi ed archeologi. Per questo motivo le testimonianze archeologiche sono tuttora molto rare a fronte invece di un notevole numero di fonti che ci attestano il suo utilizzo. I rinvenimenti  di lastre di lapis sono documentati in tutte le Province dell'impero romano, in Spagna nei dintorni di Cuenca e Saragozza, ma anche nell'Europa settentrionale, in Inghilterra e Francia. Il maggior numero di attestazioni si registra però nell'area del nord Africa, in Egitto, Libia e Tunisia. Altre testimonianze provengono dal Medio Oriente (Siria) e dalla Turchia. Risulta al momento estremamente difficile determinare le cave di appartenenza dei manufatti in lapis, ma sono iniziate una serie di analisi sui materiali delle cave spagnole ed italiane (cava della Lucerna e Grotta Inferno) che potrebbero consentire di acquisire alcuni dati importanti per iniziare a definire la circolazione di questo materiale.

Parole chiave:  rinvenimento manufatti in lapis, province romane, individuazione cave

Il Parco della Vena del Gesso Romagnola
(Massimiliano Costa)

Il Parco regionale della Vena del Gesso Romagnola, che è stato istituito con Legge Regionale 21 febbraio 2005, n. 10, si estende su di una superficie complessiva di 6.063 ettari, di cui 2.041 ettari di zone a parco e coinvolge sei Comuni: Brisighella, Borgo Tossignano, Casalfiumanese, Casola Valsenio, Fontanelice, Riolo Terme e due Province, Bologna e Ravenna. Il territorio è suddiviso in zone a diverso livello di tutela.
La Vena è costituita da un lungo affioramento gessoso che si estende in direzione nordovest–sudest, dall’imolese fino a Brisighella, per circa 25 chilometri nel quale sono state esplorate fino ad oggi oltre 200 grotte per uno sviluppo complessivo che supera i 40 chilometri.
Il particolare microclima caldo e arido da una parte, fresco e umido dall’altra, con condizioni ambientali diversissime lungo il crinale, a distanza di pochi metri genera un patrimonio naturalistico assai diversificato. Sebbene non esista un censimento esaustivo delle specie di piante presenti nel territorio del Parco della Vena del Gesso è possibile stimare la presenza di circa 600 specie di piante. Una specie vegetale rarissima e presente con l’unica stazione italiana è la Cheilanthes persica. Sono presenti anche 239 specie di vertebrati, di cui 28 pesci, 12 anfibi, 12 rettili, 135 uccelli e 52 mammiferi.
La Vena del Gesso Romagnola è stata frequentata fino dalla preistoria; molti paesi furono interamente costruiti sul gesso e con il gesso, a partire dal Rinascimento.
Anche la storia dell’attività estrattiva rappresenta un aspetto interessante del territorio del Parco della Vena del Gesso Romagnola. Le prime testimonianze risalgono all’Epoca Romana; poi l’attività proseguì durante il Medioevo e nell’Età Moderna ebbe un incremento, soprattutto a Brisighella e Tossignano. Dalla fine degli anni ‘80 del secolo scorso l’attività estrattiva è stata vietata in tutta la Vena del Gesso e concentrata nel “polo unico” di Borgo Rivola (Riolo Terme). Infine si sottolinea la presenza nel territorio di prodotti  con denominazione DOC, DOCG e  DOP.

Parole chiave: Parco Regionale - Territorio e Paesaggio - Patrimonio Naturale - Patrimonio storico – Agricoltura - Sistema di Fruizione


La Vena del Gesso Romagnola: nata dal mare e modellata dai fiumi
(Stefano Marabini)

La Vena del Gesso consiste in un allineamento di dorsali rocciose che, per oltre una ventina di Kilometri, interseca le valli fluviali del versante romagnolo dell’Appennino nella fascia collinare a monte di Faenza e Imola.  Essa è costituita da una spessa successione di 15/16 banchi di gesso selenitico riferibili alla Formazione Gessoso-solfifera di età Messiniana,  la cui deposizione evaporitica iniziò circa 6 milioni di anni fa durante la  Crisi di salinità del Mediterraneo che fu indotta dal venir meno del collegamento con l’Oceano Atalantico.
Il rilievo attuale della Vena del Gesso,  indice della maggior resistenza all’erosione dei banchi gessosi rispetto ai circostanti terreni marnoso-arenacei Miocenici e argillosi Pliocenici, ha comunque iniziato a modellarsi solo meno un milione di anni fa, quando l’Appennino si sollevò ed emerse definitivamente dal mare.  
L’evoluzione geomorfologica subaerea della Vena del Gesso nelle ultime centinaia di migliaia di anni, contemporanea delle varie fasi del popolamento umano a partire  dal Paleolitico Inferiore, è stata fortemente caratterizzata dall’azione di  progressiva incisione valliva dei fiumi romagnoli, la quale, oltre che condizionarne l’erosione carsica, ha contribuito ad evidenziare i caratteri strutturali originari della formazione gessosa. 

Parole chiave:  gesso, sollevamento dell’Appennino,  terrazzi fluviali, carsismo



L’attività estrattiva nella Vena del Gesso romagnola.
Aspetti paesistici, socio-economici e culturali di una vocazione di lungo periodo
(Stefano Piastra)


Nella Vena del Gesso romagnola, se da un lato il substrato evaporitico ha storicamente agito come fattore limitante per l’agricoltura oppure il pascolo, allo stesso tempo esso ha favorito uno sfruttamento minerario di lungo periodo, dall’età romana ad oggi, tradizionalmente legato in primis all’uso della selenite come materiale da costruzione e, una volta cotta e macinata, come legante o intonaco. Le cave e le fornaci da gesso, presenza abituale nel paesaggio locale, sino alla metà circa del XX secolo ebbero però un impatto ambientale tutto sommato ridotto sui quadri paesistici, salvo poi diventare negli ultimi decenni, complice la meccanizzazione e l’aumento vertiginoso dei volumi estratti, uno dei principali problemi conservazionistici per i gessi romagnoli. Ma il binomio gesso-comunità residente non si esaurisce sul solo piano economico-produttivo. Nella Vena, l’estrazione del gesso, radicata secolarmente, ha infatti avuto sino al recente passato importanti riflessi sociali (i mestieri tradizionali del “gessarolo” e del fornaciaio, ma anche i birocciai specializzati nel trasporto del minerale), sino a divenire parte integrante dell’identità locale e un fatto culturale, sia immateriale che materiale: basti pensare alla particolare venerazione attestata a Brisighella per San Marino, patrono dei cavatori, oppure al cospicuo patrimonio archeologico industriale dell’area (cave e fornaci ottocentesche e novecentesche). Oggi, chiusa la maggior parte dei siti estrattivi della Vena del Gesso, il profondo legame tra la comunità locale e l’attività estrattiva è ormai declinato al passato e rischia di indebolirsi. Una delle sfide dei prossimi decenni consiste nel mantenimento di tale memoria e nel recupero, musealizzazione e divulgazione delle emergenze culturali connesse al gesso: in questo contesto, il Parco regionale della Vena del Gesso Romagnola deve necessariamente assumere un ruolo centrale.

Parole chiave: Vena del Gesso romagnola, estrazione del gesso, rapporti uomo-ambiente, paesaggio, archeologia industriale.



Origine e giacitura dei cristalli di lapis specularis nell'area mediterranea
(Stefano Lugli)

Il bacino del mare Mediterraneo è caratterizzato da una notevole varietà di estesi affioramenti gessosi. L’età delle formazioni gessose più antiche risale al Permiano (oltre 250 milioni di anni fa; Lugli, 2001), mentre quelle più recenti sono di età olocenica (meno di 10.000 anni fa).
Non tutti questi affioramenti possono essere utilizzati per estrarre lapis specularis. Requisiti fondamentali ricercati dai romani per ottenere lastrine ad imitazione del vetro sono: dimensione dei cristalli (almeno alcuni decimetri) e perfetta trasparenza.
I cristalli primari delle formazioni geologiche mediterranee possono raggiungere dimensioni notevoli, fino a sette metri a Cipro, ma sono piuttosto torbidi, sia a causa di inclusioni di materia organica (Panieri et al., 2010) che di argilla (Lugli at al., 2010). Cristalli di dimensioni metriche perfettamente trasparenti si trovano invece in giacitura secondaria nelle fratture e nelle cavità di varia origine ed età che hanno tagliato le formazioni gessose.

Parole chiave: Lapis Specularis, gesso, bacino del Mediterraneo, fratture, cavità.


Sub specie specularis: osservazioni sul rapporto tra valore d’uso e valore rituale del lapis specularis
(Andrea Benassi)


La scoperta ed individuazione nella Vena del Gesso di numerosi siti, sia ipogei che epigei come possibili luoghi di estrazione di gesso secondario, posizionati in molti casi in luoghi impervi e di difficile accesso, eppure spesso tra loro riuniti in cluster apparentemente collegati da cenge e sistemi di sentieri artificiali, porta ad immaginare l’attività estrattiva come sistematica esplorazione dell’intera area gessosa. Mentre si vanno quindi riconoscendo differenti modalità di coltivazione, comprese in un orizzonte cronologico vasto e che probabilmente trascende il periodo imperiale, allo stesso tempo le fonti storiche ci spingono ad integrare nella riflessione, oltre al valore d’uso del materiale un suo valore caratterizzato da attributi magico rituali che sembrano in grado di convivere con il primo, e ci spingono ad una lettura complessa del rapporto di questo materiale con la sfera del sacro. Il tutto anche come possibile strumento interpretativo della distribuzione e del contesto dei siti nell’ambito della Vena del Gesso.

Parole chiave: Farmacopea, pratiche rituali, costruzione dei luoghi, Vena del Gesso, Lapis Specularis


El proyecto Lapis Specularis: una perspectiva europea
(María José Bernárdez Gómez, Juan Carlos Guisado di Monti, Massimiliano Costa, Chiara Guarnieri)

La investigación de la minería del lapis specularis dentro de los estudios tradicionales sobre minería antigua e histórica y especialmente en el mundo romano, aún se encuentran prácticamente en sus preliminares. Lo singular de éstas explotaciones y su propia naturaleza, ha ocasionado que sus áreas mineras de explotación, a pesar de su gran desarrollo y evidencias arqueológicas de actividad a gran escala en algunas zonas, hayan pasado prácticamente inadvertidas o no detectadas incluso por estudiosos y especialistas del tema.
El estado actual de la cuestión, permite deducir un futuro auge de la investigación especialmente en Italia y España, países donde los recientes hallazgos de minería de lapis specularis, suponen una obligada contextualización histórica de esta actividad minera y de sus consecuencias.
El desarrollo de esta investigación arqueominera, igualmente pasa por una deseable y necesaria creación de equipos interdisciplinares y de colaboración entre los países que cuentan y estudian esta singular minería, donde el marco de convenios de colaboración entre equipos de trabajo así como de posibles proyectos conjuntos europeos a escala mediterránea, constituirían la base ideal del enfoque y del avance científico de la investigación.
Il convegno, che ha consentito di rendere nota al pubblico la scoperta di cave di lapis in Italia, costituisce un punto da cui partire per costituire un gruppo di lavoro interdisciplinare ed internazionale di studio su questo argomento. In Italia dal punto di vista archeologico si aprono molte prospettive di ricerca quali ad esempio la contestalizzazione di questa attività nel complesso regionale e l'approfondimento delle metodologie estrattive. Nell'area del Parco dovranno  necessariamente proseguire le ricerche di superficie finalizzate al rinvenimento di nuove cave e contesti archeologici, così come è avvenuto con le ricerche finora realizzate. Tra i vari progetti vi è anche la ricostruzione in grandezza naturale dell'edificio romano di Cà Carnè attraverso un progetto di archeologica sperimentale. Tale elemento, unito alla realizzazione di un percorso della memoria che valorizzi l'attività di estrazione del gesso, potrebbe costituire un valido elemento di valorizzazione e di attrattiva turistica.

Parole chiave: Lapis specularis - Convenio de Colaboración – Proyecto Europeo– Arqueomineria – Hispania Citerior –Italia



sábado, 5 de octubre de 2013

HERENCIA ROMANA

En la entrada anterior nos asomamos con curiosidad a las gentes que pulularon por todo lo ancho y largo del imperio romano y comentamos por encima lo que heredamos de estas gentes que nos parecen tan lejanas en el tiempo después de 2000 años.

Todo es espejismo,las pruebas nos remiten a que no estamos tan lejos de ser lo que ellos fueron , viviendo conforme a lo que aprendimos.


En estos vídeos apreciareis como una sociedad del siglo XXI  copia parámetros del siglo I.


Se nos nombrará el "caementum" el doble acristalamiento,el aseo y los edificios que habitaban,las prendas,los espectáculos ,el transporte del agua, la ingeniería,el ejercito y sus armas,el material quirúrgico.....os sorprenderá como esta civilización pudo aportarnos tanto. 


Todo lo nuestro basado en lo de ellos, hasta el término "Urbanita" ya estaba acuñado por ellos en sus modos de vida.calles bien trazadas,edificios de altura, alcantarillado y vías rápidas que enlazaban territorios.


Señores no hemos descubierto nada.


                                                 Nº 1



Nº 2


                                                    Nº 3

                                  
                                                    Nº 4

                                    
                                                    Nº 5

                                                         
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